domenica 15 novembre 2009

Novità: LA MILIZIA DELL'ARCANGELO



Raffaele Ragni
LA MILIZIA DELL'ARCANGELO
Presentazione di Roberto de Mattei

Michele è un grido di battaglia. È la lotta contro una cospirazione malefica. Esprime una scelta incondizionata, libera e irrevocabile, quella di combattere per l’ordine divino. È una sfida personale lanciata in forma quasi impersonale, una volontà eroica che diventa nome ed esempio. La luce e le tenebre si separano. La guerra e il guerriero s’identificano. Quel grido diventa nome, e quindi missione, di chi lo pronuncia e di chi lo segue. Michele è il principe degli angeli. Michele è la sua milizia.


Raffaele Ragni è laureato in scienze politiche e studente in scienze religiose.
Come giornalista e scrittore, ha pubblicato numerosi scritti — monografie, saggi, articoli — su temi di politica ed economia, in particolare banche, globalizzazione, localismo. Scrive per il quotidiano "Rinascita". Collabora con le riviste "Africana" e "Radici cristiane".
Ha approfondito gli studi di angelologia nell'Opus Sanctorum Angelorum, collegata all'Ordine dei Canonici Regolari della Santa Croce, e nell'associazione culturale Milizia di San Michele Arcangelo, fondata da don Marcello Stanzione.

Raffaele Ragni
LA MILIZIA DELL'ARCANGELO
Presentazione di Roberto de Mattei
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-78-2]
Pagg. 112 - € 8,00


domenica 31 maggio 2009

RECENSIONE su Radici Cristiane

Sbrigativamente liquidata come una questione puramente “formale” o “di lingua”, la valorizzazione della liturgia tradizionale è un punto che da decenni investe la Chiesa: già prima del Concilio Vaticano II, infatti, alcune frange progressiste, supportate da una cultura laica e laicista (la stessa che adesso attacca il motu proprio Summorum Pontificum), chiedevano una traduzione del messale. Si arrivò al nuovo messale, che però non si limitò a tradurre quello precedente, ma lo modificò completamente, tra l’altro abolendo di fatto il latino (ma non, stranamente, le parti in greco e in ebraico, quasi che ai fedeli fosse più comprensibile il significato di “Kyrie eleison” che di “Deo gratias”).

Roberto de Mattei ripercorre le vicende che portarono al cambiamento, sottolineando come i primi avversari dell’uso del latino siano sempre stati i protestanti, nemici di quella visione “verticale” (simbolizzata anche e soprattutto dall’altare tradizionale) e favorevoli ad una visione “orizzontale” (che trova un suo corrispettivo nell’altare moderno, mutuato dalla tavola eucaristica luterana – ma l’intero Novus ordo Missae nacque per favorire una forma di incontro liturgico con i non cattolici, riuscendo, di fatto, solo provocare una frattura interna al cattolicesimo): una visione “orizzontale” che ha quasi necessariamente consentito una serie di abusi che sarebbero stati impensabili con il vecchio rito.

Sono i risultati della “svolta antropologica” della nuova teologia, quella che preparò il Vaticano II e ne gestì l’applicazione. È l’inversione del rapporto tra lex credendi e lex orandi (in una visione corretta, è quest’ultima a dover discendere da quella e non viceversa), è la desacralizzazione del rito – che passa necessariamente attraverso l’abolizione del latino – con la colpevole rinuncia a ogni forma di trascendenza che ha gli stessi presupposti dell’apertura a sinistra che non interruppe la persecuzione comunista del cattolicesimo e favorì la migrazione dei cattolici verso il comunismo.

Certo, il nuovo rito è più comprensibile: ma dato che la messa non è una conferenza o uno spettacolo, l’importante è comprendere l’essenza (e non la forma) del sacrificio eucaristico e parteciparvi interiormente e non mediante canti o gesti esteriori.


http://www.radicicristiane.it/libro.php/id/90/Roberto%20de%20Mattei/La-liturgia-della-Chiesa-nell'epoca-della-secolarizzazione

RECENSIONE su Radici Cristiane

Sbrigativamente liquidata come una questione puramente “formale” o “di lingua”, la valorizzazione della liturgia tradizionale è un punto che da decenni investe la Chiesa: già prima del Concilio Vaticano II, infatti, alcune frange progressiste, supportate da una cultura laica e laicista (la stessa che adesso attacca il motu proprio Summorum Pontificum), chiedevano una traduzione del messale. Si arrivò al nuovo messale, che però non si limitò a tradurre quello precedente, ma lo modificò completamente, tra l’altro abolendo di fatto il latino (ma non, stranamente, le parti in greco e in ebraico, quasi che ai fedeli fosse più comprensibile il significato di “Kyrie eleison” che di “Deo gratias”).

Roberto de Mattei ripercorre le vicende che portarono al cambiamento, sottolineando come i primi avversari dell’uso del latino siano sempre stati i protestanti, nemici di quella visione “verticale” (simbolizzata anche e soprattutto dall’altare tradizionale) e favorevoli ad una visione “orizzontale” (che trova un suo corrispettivo nell’altare moderno, mutuato dalla tavola eucaristica luterana – ma l’intero Novus ordo Missae nacque per favorire una forma di incontro liturgico con i non cattolici, riuscendo, di fatto, solo provocare una frattura interna al cattolicesimo): una visione “orizzontale” che ha quasi necessariamente consentito una serie di abusi che sarebbero stati impensabili con il vecchio rito.

Sono i risultati della “svolta antropologica” della nuova teologia, quella che preparò il Vaticano II e ne gestì l’applicazione. È l’inversione del rapporto tra lex credendi e lex orandi (in una visione corretta, è quest’ultima a dover discendere da quella e non viceversa), è la desacralizzazione del rito – che passa necessariamente attraverso l’abolizione del latino – con la colpevole rinuncia a ogni forma di trascendenza che ha gli stessi presupposti dell’apertura a sinistra che non interruppe la persecuzione comunista del cattolicesimo e favorì la migrazione dei cattolici verso il comunismo.

Certo, il nuovo rito è più comprensibile: ma dato che la messa non è una conferenza o uno spettacolo, l’importante è comprendere l’essenza (e non la forma) del sacrificio eucaristico e parteciparvi interiormente e non mediante canti o gesti esteriori.


http://www.radicicristiane.it/libro.php/id/90/Roberto%20de%20Mattei/La-liturgia-della-Chiesa-nell'epoca-della-secolarizzazione

giovedì 30 aprile 2009

RECENSIONE di Daniele Raineri (Il Foglio, 30/04/2009)

L’argomento del pamphlet è di quelli densi: “La liturgia della chiesa nell’epoca della secolarizzazione”. Sotto c’è un problema che, raccontato in breve, è questo: la chiesa si è lasciata turbare da un’ansia illusoria di rinnovamento e ha modificato la propria liturgia. Ma il gioco non è valso la candela di cera. Ha abbandonato l’eterno per incontrare il proprio tempo, ha deviato dalla tradizione per abbracciare la società del progressismo: e dopo, con orrore, che cosa ha scoperto? Che il suo è stato l’abbraccio catastrofico con un’età postmoderna già imputridita all’interno e che all’esterno porta segni sempre più evidenti di fallimento. Ora rimediare non sarà facile. La chiesa si è allontanata dalle proprie premesse più salde, si è in parte tramutata in una versione light di se stessa per dimostrarsi non-passatista e ha indebolito il suo messaggio più autentico e attraente. Lo prova la crisi delle vocazioni religiose con tutta la forza dei fatti: la Riforma del Concilio non l’ha risolta, ma anzi l’ha decisamente aggravata. Per citare Joseph Ratzinger: “Quello che sapevamo solo teoreticamente è diventato per noi esperienza concreta: la chiesa sussiste e cade con la liturgia”.
Nella storia recentissima della chiesa c’è stato quindi un Prima, quando ancora questa crisi poteva essere evitata. Ma a noi tocca vivere nel Dopo: nel tempo presente, quando ormai la crisi deve essere affrontata. Roberto de Mattei – “sono uno storico, un cattolico laico che vive però con partecipazione i problemi della chiesa” – propone allora il ritorno alla tradizione come antidoto all’idea, filtrata all’interno della chiesa, che la secolarizzazione è comunque un processo storico irreversibile, e quindi, poiché irreversibile, anche “vero”. E avanza un progetto di risacralizzazione della società: dove “l’esperienza di sacro” di cui la società ha disperatamente bisogno si raggiunge attraverso il sacrificio e lo spirito di penitenza. “Al principio dell’edonismo e dell’autocelebrazione dell’Io che costituisce il nucleo del processo rivoluzionario plurisecolare che aggredisce la nostra società – scrive De Mattei – bisogna contrapporre il principio vissuto del sacrificio”.
Il capitolo iniziale sull’abbandono del latino durante la liturgia, argomento di una delle tre conferenze da cui è tratto questo pamphlet, è il manifesto convincente del Grande equivoco. Credevamo di essere moderni e anche di farvi un favore, abbiamo invece sperperato il nostro tesoro comune. Il latino non è stato abolito dal Concilio – come si crede grossolanamente – ma non è più usato, anche se una costituzione apostolica del 1962, la Veterum Sapientia, raccomanda il contrario con precise disposizioni. Eppure il latino era per sua natura la lingua della chiesa, perché possiede tutte le caratteristiche che servono. E’ lingua universale, che supera i confini delle nazioni. Si può ribattere che non è più in uso – ma per De Mattei si tratterebbe di un’obiezione povera. Una lingua non muore quando non è parlata, ma quando svanisce dalla cultura e dalla memoria di un popolo. Altrimenti, e per assurdo, dovremmo chiamare lingue morte anche l’ebraico, risorto nel Ventesimo secolo con il sionismo, e l’arabo classico, che oggi è parlato soltanto in alcuni contesti formali. Il latino è una lingua stabile dal punto di vista lessicale e grammaticale, quindi è anche un vettore solido, capace di sfidare il passare dei secoli e di conservare l’integrità e l’immutabilità della dottrina cattolica. Il latino è infine lingua sacra: la lingua della liturgia tra l’assemblea e Dio. E non importa afferrarne tutte le parole: la liturgia non è orizzontale, non lega i fedeli tra loro, ma è verticale, è diretta verso Dio. Come dice al linguista Beccaria la vecchietta alzando il dito verso il cielo, l’importante è che capisca lui.


di Daniele Raineri
© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO

http://www.ilfoglio.it/recensioni/118

RECENSIONE di Daniele Raineri (Il Foglio, 30/04/2009)

L’argomento del pamphlet è di quelli densi: “La liturgia della chiesa nell’epoca della secolarizzazione”. Sotto c’è un problema che, raccontato in breve, è questo: la chiesa si è lasciata turbare da un’ansia illusoria di rinnovamento e ha modificato la propria liturgia. Ma il gioco non è valso la candela di cera. Ha abbandonato l’eterno per incontrare il proprio tempo, ha deviato dalla tradizione per abbracciare la società del progressismo: e dopo, con orrore, che cosa ha scoperto? Che il suo è stato l’abbraccio catastrofico con un’età postmoderna già imputridita all’interno e che all’esterno porta segni sempre più evidenti di fallimento. Ora rimediare non sarà facile. La chiesa si è allontanata dalle proprie premesse più salde, si è in parte tramutata in una versione light di se stessa per dimostrarsi non-passatista e ha indebolito il suo messaggio più autentico e attraente. Lo prova la crisi delle vocazioni religiose con tutta la forza dei fatti: la Riforma del Concilio non l’ha risolta, ma anzi l’ha decisamente aggravata. Per citare Joseph Ratzinger: “Quello che sapevamo solo teoreticamente è diventato per noi esperienza concreta: la chiesa sussiste e cade con la liturgia”.
Nella storia recentissima della chiesa c’è stato quindi un Prima, quando ancora questa crisi poteva essere evitata. Ma a noi tocca vivere nel Dopo: nel tempo presente, quando ormai la crisi deve essere affrontata. Roberto de Mattei – “sono uno storico, un cattolico laico che vive però con partecipazione i problemi della chiesa” – propone allora il ritorno alla tradizione come antidoto all’idea, filtrata all’interno della chiesa, che la secolarizzazione è comunque un processo storico irreversibile, e quindi, poiché irreversibile, anche “vero”. E avanza un progetto di risacralizzazione della società: dove “l’esperienza di sacro” di cui la società ha disperatamente bisogno si raggiunge attraverso il sacrificio e lo spirito di penitenza. “Al principio dell’edonismo e dell’autocelebrazione dell’Io che costituisce il nucleo del processo rivoluzionario plurisecolare che aggredisce la nostra società – scrive De Mattei – bisogna contrapporre il principio vissuto del sacrificio”.
Il capitolo iniziale sull’abbandono del latino durante la liturgia, argomento di una delle tre conferenze da cui è tratto questo pamphlet, è il manifesto convincente del Grande equivoco. Credevamo di essere moderni e anche di farvi un favore, abbiamo invece sperperato il nostro tesoro comune. Il latino non è stato abolito dal Concilio – come si crede grossolanamente – ma non è più usato, anche se una costituzione apostolica del 1962, la Veterum Sapientia, raccomanda il contrario con precise disposizioni. Eppure il latino era per sua natura la lingua della chiesa, perché possiede tutte le caratteristiche che servono. E’ lingua universale, che supera i confini delle nazioni. Si può ribattere che non è più in uso – ma per De Mattei si tratterebbe di un’obiezione povera. Una lingua non muore quando non è parlata, ma quando svanisce dalla cultura e dalla memoria di un popolo. Altrimenti, e per assurdo, dovremmo chiamare lingue morte anche l’ebraico, risorto nel Ventesimo secolo con il sionismo, e l’arabo classico, che oggi è parlato soltanto in alcuni contesti formali. Il latino è una lingua stabile dal punto di vista lessicale e grammaticale, quindi è anche un vettore solido, capace di sfidare il passare dei secoli e di conservare l’integrità e l’immutabilità della dottrina cattolica. Il latino è infine lingua sacra: la lingua della liturgia tra l’assemblea e Dio. E non importa afferrarne tutte le parole: la liturgia non è orizzontale, non lega i fedeli tra loro, ma è verticale, è diretta verso Dio. Come dice al linguista Beccaria la vecchietta alzando il dito verso il cielo, l’importante è che capisca lui.


di Daniele Raineri
© 2009 - FOGLIO QUOTIDIANO

http://www.ilfoglio.it/recensioni/118

martedì 17 marzo 2009

Segnalazione su Corrispondenza Romana

E' stato pubblicato da Edizioni Solfanelli l'ultimo libro di Roberto de Mattei: La liturgia della Chiesa nell'epoca della secolarizzazione

Benedetto XVI ha affermato che “la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal culto della liturgia che talvolta viene addirittura concepita: etsi Deus non daretur”.

A questa formula, che riassume l’itinerario di secolarizzazione della società contemporanea, il Papa ha opposto quella etsi Deus daretur, che contiene una visione del mondo fondata sul principio del sacro. Espressione per eccellenza del sacro è la liturgia, la preghiera pubblica della Chiesa, atto di culto non del singolo uomo, ma della comunità dei battezzati, riuniti attorno al Santo Sacrificio dell’Altare. Questa liturgia non è solo la trasmissione della parola di Dio all’uomo, e la sua santificazione attraverso i Sacramenti; essa è anche e innanzitutto un insieme di forme sensibili che elevano l’uomo verso Dio e lo aiutano a glorificarlo e a rendergli il culto dovuto.

Negli anni successivi al Concilio Vaticano II, si è voluta sostituire la liturgia tradizionale con una nuova liturgia per avvicinare il mondo alla Chiesa. Il risultato è stato contrario alle aspettative e spesso catastrofico. Il Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui Benedetto XVI ha restituito piena cittadinanza alla liturgia tradizionale, indica una direzione diversa.

Il Rito romano antico costituisce oggi, secondo l’autore, la risposta più radicale alla sfida della secolarizzazione, che è la sfida del laicismo e dell’umanesimo anticristiano, che aggredisce la Chiesa e la società contemporanea.

http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=825

Segnalazione su Corrispondenza Romana

E' stato pubblicato da Edizioni Solfanelli l'ultimo libro di Roberto de Mattei: La liturgia della Chiesa nell'epoca della secolarizzazione

Benedetto XVI ha affermato che “la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal culto della liturgia che talvolta viene addirittura concepita: etsi Deus non daretur”.

A questa formula, che riassume l’itinerario di secolarizzazione della società contemporanea, il Papa ha opposto quella etsi Deus daretur, che contiene una visione del mondo fondata sul principio del sacro. Espressione per eccellenza del sacro è la liturgia, la preghiera pubblica della Chiesa, atto di culto non del singolo uomo, ma della comunità dei battezzati, riuniti attorno al Santo Sacrificio dell’Altare. Questa liturgia non è solo la trasmissione della parola di Dio all’uomo, e la sua santificazione attraverso i Sacramenti; essa è anche e innanzitutto un insieme di forme sensibili che elevano l’uomo verso Dio e lo aiutano a glorificarlo e a rendergli il culto dovuto.

Negli anni successivi al Concilio Vaticano II, si è voluta sostituire la liturgia tradizionale con una nuova liturgia per avvicinare il mondo alla Chiesa. Il risultato è stato contrario alle aspettative e spesso catastrofico. Il Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui Benedetto XVI ha restituito piena cittadinanza alla liturgia tradizionale, indica una direzione diversa.

Il Rito romano antico costituisce oggi, secondo l’autore, la risposta più radicale alla sfida della secolarizzazione, che è la sfida del laicismo e dell’umanesimo anticristiano, che aggredisce la Chiesa e la società contemporanea.

http://www.corrispondenzaromana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=825

domenica 1 marzo 2009

Novità: LA LITURGIA DELLA CHIESA NELL'EPOCA DELLA SECOLARIZZAZIONE di Roberto de Mattei

Benedetto XVI ha affermato che “la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal culto della liturgia che talvolta viene addirittura concepita: etsi Deus non daretur”. A questa formula, che riassume l’itinerario di secolarizzazione della società contemporanea, il Papa ha opposto quella etsi Deus daretur, che contiene una visione del mondo fondata sul principio del sacro. Espressione per eccellenza del sacro è la liturgia, la preghiera pubblica della Chiesa, atto di culto non del singolo uomo, ma della comunità dei battezzati, riuniti attorno al Santo Sacrificio dell’Altare. Questa liturgia non è solo la trasmissione della parola di Dio all’uomo, e la sua santificazione attraverso i Sacramenti; essa è anche e innanzitutto un insieme di forme sensibili che elevano l’uomo verso Dio e lo aiutano a glorificarlo e a rendergli il culto dovuto.
Negli anni successivi al Concilio Vaticano II, si è voluta sostituire la liturgia tradizionale con una nuova liturgia per avvicinare il mondo alla Chiesa. Il risultato è stato contrario alle aspettative e spesso catastrofico. Il Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui Benedetto XVI ha restituito piena cittadinanza alla liturgia tradizionale, indica una direzione diversa.
Il Rito romano antico costituisce oggi, secondo l’autore, la risposta più radicale alla sfida della secolarizzazione, che è la sfida del laicismo e dell’umanesimo anticristiano, che aggredisce la Chiesa e la società contemporanea.



Roberto de Mattei
LA LITURGIA DELLA CHIESA
NELL'EPOCA DELLA SECOLARIZZAZIONE
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-59-1]
Pagg. 80 - € 7,00

http://www.edizionisolfanelli.it/laliturgiadellachiesa.htm

Novità: LA LITURGIA DELLA CHIESA NELL'EPOCA DELLA SECOLARIZZAZIONE di Roberto de Mattei

Benedetto XVI ha affermato che “la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal culto della liturgia che talvolta viene addirittura concepita: etsi Deus non daretur”. A questa formula, che riassume l’itinerario di secolarizzazione della società contemporanea, il Papa ha opposto quella etsi Deus daretur, che contiene una visione del mondo fondata sul principio del sacro. Espressione per eccellenza del sacro è la liturgia, la preghiera pubblica della Chiesa, atto di culto non del singolo uomo, ma della comunità dei battezzati, riuniti attorno al Santo Sacrificio dell’Altare. Questa liturgia non è solo la trasmissione della parola di Dio all’uomo, e la sua santificazione attraverso i Sacramenti; essa è anche e innanzitutto un insieme di forme sensibili che elevano l’uomo verso Dio e lo aiutano a glorificarlo e a rendergli il culto dovuto.
Negli anni successivi al Concilio Vaticano II, si è voluta sostituire la liturgia tradizionale con una nuova liturgia per avvicinare il mondo alla Chiesa. Il risultato è stato contrario alle aspettative e spesso catastrofico. Il Motu Proprio Summorum Pontificum, con cui Benedetto XVI ha restituito piena cittadinanza alla liturgia tradizionale, indica una direzione diversa.
Il Rito romano antico costituisce oggi, secondo l’autore, la risposta più radicale alla sfida della secolarizzazione, che è la sfida del laicismo e dell’umanesimo anticristiano, che aggredisce la Chiesa e la società contemporanea.



Roberto de Mattei
LA LITURGIA DELLA CHIESA
NELL'EPOCA DELLA SECOLARIZZAZIONE
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-89756-59-1]
Pagg. 80 - € 7,00

http://www.edizionisolfanelli.it/laliturgiadellachiesa.htm